Un mondo virtuoso in cerca di identità

Il commercio equo e solidale (Comes) non dovrebbe esistere. Dovrebbe essere la consuetudine. Perché favorire la crescita economica e sociale dei Paesi del Sud del mondo nel rispetto dei diritti umani e dell’ambiente dovrebbe essere un intento prioritario per una civiltà che si definisce evoluta. 

Al contrario, il comparto rimane inconsistente nella nostra economia dominata da rapporti commerciali fondati sulla massimizzazione dei profitti a scapito di contadini e artigiani dei paesi in via di sviluppo.

Uno sfruttamento generatore di quel disagio socioeconomico che induce le popolazioni del Sud a cercare vita migliore migrando verso il Nord del mondo.

Un ruolo marginale aggravatosi negli ultimi anni. Al forte impulso avuto negli ultimi due decenni del ‘900 è seguito un lento declino divenuto stagnazione con la crisi economica. A salvarsi è solo il fair trade nella grande distribuzione, per altro da alcuni ritenuto contraddittorio in un comparto nato per creare circuiti economici con presupposti etici alternativi al commercio tradizionale. Una discrepanza di visioni che ha causato lo sfaldamento di un movimento compatto, dando credito ai detrattori che vedono nel Comes una forma crudele di “alleviamento della povertà”.

Nel tempo altre carenze hanno reso difficile una situazione già disagevole. L’assenza di un ricambio generazionale ai vertici, la modesta capacità di innovazione, l’attenuarsi della trasparenza sui benefici equo e solidali sono alcuni degli esempi che hanno accentuato il declino del Comes. Lo stesso modello economico concepito all’origine si è rilevato inefficace per sostenere le botteghe del mondo e gli operatori del settore. Con le prime costrette alla chiusura o ad affidarsi alla benevolenza del volontariato e i secondi a rinunciare a divulgare una cultura virtuosa con conseguente disaffezione al commercio equo, in particolare tra i giovani.

Eppure il Comes è ricco di uomini e donne consapevoli delle carenze e con energie capaci di concepire nuove formule per ridare vita a un settore del quale abbiamo impellente bisogno. Per il benessere dei popoli del Sud del mondo, ma pure per creare un altro modello sostenibile per gli abitanti dell’emisfero Nord.